domenica 13 luglio 2008

ricordi d'infanzia

La merce (in)venduta piange... e anche io.
Sono una consumatrice media e per il mio naturale sostentamento compro ogni mese: lo yogurt coi pezzettoni di frutta e lo 0,5% di grassi, il tonno che si taglia con un grissino e l'insalata di riso con l'easypil. Il gatorade e riparto di slancio, la redbull che ti mette le ali e il prosciutto nella vaschetta che se ne chiedi un altro non ti sentono. Il bagnoschiuma agli estratti di cocco, il balsamo all'olio di noce e alle foglie di pesco. La crema al proretinolo che ti riempe le rughe e gli assorbenti viola coi consigli per la sindrome. Il dentifricio con gli omini dentro che ti massaggiano le gengive e il colluttorio che ti esplode in bocca.
Tutta questa roba dalle magnifiche proprietà e dagli innegabili poteri magici, una parte la uso e una parte la butto. E ripenso con nostalgia all'infanzia, quando gli oggetti avevano un'anima e un tappo di coca cola, un mozzicone di matita e una gomma potevano fare amicizia e vivere felici nel mio portapenne.
Ma la dimenticanza va molto oltre. Perché c'è stato un tempo, e soprattutto un luogo, in cui gli oggetti non si sentivano rifiutati; ma colti dallo sguardo dell'Artista che c'è in ognuno di noi tornavano a nuova vita e ormai liberi dallo svilente concetto di utilità perduta concedevano Bellezza a chi sapeva vederla. C'è stato un tempo, e soprattutto un luogo, in cui il cellophan non ingabbiava formaggi, salumi e libri per giunta; ma sventolava cambiando colore in base allo sfondo, mostrandoci il mondo come nella pellicola di un film.
Questo luogo ricordo e lo rivoglio.

mercoledì 2 luglio 2008

Un'isola di plastica

Per gli scettici, o forse per chi non ricorda ancora...

Nel pacifico c'è un'isola di plastica, la più grande discarica del mondo galleggia lì, nelle acque libere di un'altr possibile freestata, noi veniamo da lì abiamo saputo trasformare ogni vostro rifiuto in assenso, guardavamo le cose per la loro usabilità, le case, le strade, ovunque era pieno di ognicosa pronta ad essere utilizzata da noi liberi cittadini, per poi riporla dove l'avevamo presa per lasciare che qualcun altro la usasse

saluti implosivi

I ricordi sono imattoni del nostro futuro

domenica 29 giugno 2008

messaggio in bottiglia

Mi è stato mandato questo messaggio da un anonimo, lo riposto così come è credo valga la pena:

Massaggio in bottiglia ritrovato a largo di terramossa non scritto in bianco sottonero, ma un folle grido d’aiuto in nero su bianco

Qui brucia tutto e per che non ha mai avuto bisogno di utilizzare il fuoco questo è ancor più spaventoso, i nostril bambini vengono portati su fumose isole semoventi da uomini verdi indifferenti alle nostre vibrazioni, non avevo mai visto tanta gente vibrare così un’assordante coro disarmonico di “Verdevaivia!” che imperiosamente mi implode dai polmoni allo stomaco.
Spaventati dale fiamme e rintontiti dal parlare da artista dei Verdevaivia la cui voce esplode imponendo al nostro organo vibrante movimenti inconsulti e innaturali.
Noi moriremo fra acqua fuoco, nessuno saprà se siamo affogati o bruciati I nostril figli non sis a che fine faranno, spero solo che non dimentichino, o che almeno ricordino

lunedì 9 giugno 2008

20 unghie per l'italia

Italia a pecora, o a vint'ogne come si dice nella nazione che ci ospita. Non mi dispiace mai questo spettacolo, alle volte il tanto vituperato calcio è uno stimolo intellettuale forte, vi può aiutare a dimenticare di essere italiani e ricordare le vostre origini di cittadini di Freestata.

C'è chi dice che è una storia incredibile eppure qualcuno oggi ha ricordato, non ha ricordato freestata ma una storia simile, gra zie Adriano per averci aiutato a ricordare... Forse questo vi fa capire che Freestata non è poi così improbabile, non è l'isola che non c'è ma l'isola che non c'è più.

Cerchiamo di ricordare...

Saluti implosivi

venerdì 6 giugno 2008

Nel " qui ed ora" il dolore nel ricordo dell'assensi(O).


In fin dei conti la casa è di vetro. Chi guarda dall'esterno, ma non lo si può fare, vede un coperchio quadrangolare, assolutamente integro, da cui penserà che sia forse sottovuoto. Sotto questo coperchio vedrà noi. La casa è di vetro infrangibile, come si dice. Noi, non usciamo mai fuori. Non c'è dove andare. Siamo nati qui. Siamo qui da sempre e non c'è niente altro. Ci chiamano Abitanti dell'Interno di Vetro. La denominazione è inesatta, perchè l'interno non è di vetro e noi là dentro arriviamo a respirare, senza difficoltà e in modo da non accorgercene. Il vetro ha vari strati. Siamo proprio nel mezzo, e sfioriamo appena l'ultimo, il più vicino a noi. Molti strati fino al bordo del quadrangolo. Tutto intorno dell'acqua. Proprio in fondo, dove non arriviamo a vedere, poco prima del punto in cui non arriviamo a vedere, l'acqua finisce è c'è il cielo. Non ci sono colori in questo cielo, che vediamo anche diritto sopra di noi, sopra il vetro sopra di noi, è solo chiaro come certi occhi senza colore. Siamo nudi. Ci sfioriamo a vicenda, senza riconoscerci l'uno con l'altro. Eppure non siamo ciechi. Spesso pensiamo, qualcuno di noi, e quello sono io, pensa che l'assumere acqua in eccesso non ci consente di distinguerci. C'è qualcosa d'altro? Non lo sappiamo. Come è il giorno così è la notte. Passano innumerabili, bianchi e neri. Quello nero, è il buio, quella bianca, è la luce. Niente di più. Quanti siamo. Non abbiamo imparato a contarci. Siamo una folla. Una folla acefala. Senza linguaggio. Però proviamo sensazioni. Ci esprimiamo col guardare. Nudi, muti in un interno di vetro, tutto intorno acqua, luce, buio. Bere. Bere acqua. Così va la vita, che è senza fine. Mai la morte, non ne abbiamo memoria. Siamo nati qui. Tutti, nessuno prima, ma nessuno neppure dopo. Né vento, né bonaccia, né freddo, né caldo, una temperatura costante, impercettibile e delicata, né donna, né uomo, come potremmo sapere. Così a lungo abbiamo guardato i capelli, fino a che i capelli sono spariti. E le mani. E la bocca. E il naso. E il petto. E le gambe. Tutto questo c'è, abbiamo tutto. Il superfluo. Il superfluo ovviamente non c'è, non c'è niente. Ci sono solo certe cose, che si possono comunicare con le dita di una mano, se è necessario comunicarle, ma nessuno lo sa fare. La cosa del guardare, che finisce nel non guardare. La cosa dell'acqua che da un'apertura scorre sul volto e che continua a durare. La cosa del contatto, che però non c'è, perchè non c'è il non contatto, non c'è la solitudine. Tutto. Gli occhi sempre aperti. Un qualcosa si trova in essi: il buio, la luce. Così passano i giorni. Con identica rapidità. senza sosta.
Aspetto che mi metto a ricordare quello che ero.

(Liberamente tratto da "Eta Eta gli uccelli gialli" di Jiri Orten)

giovedì 5 giugno 2008

assensi

Ricordando spero di aiutarvi a ricordare,

ricordo gli assensi e come li gestivamo, erano la piattaforma su cui Freestata stessa era costruita in nome della trasparenza nostra bandiera.

Gli assensi erano le nostre strade il nostro suolo, solidali fra loro erano l'isola di plastica e vetro, un caso unico in geologia la Bott-ilha.

Come ho già detto la diaspora ha portato non solo i cittadini, ma anche il suolo stesso di freestata, l'italia ha trasformato gli assensi in rifiuti che invadano le strade e hanno cancellato la nostra memoria con l'oblio dell'assensio.

Ricordate!
è il modo per ritornare da rifiuti ad assensi